Non di dovizie, indispensabil pasto
All'indecente archimandrita e donno
Delle plebi infelici. Alli scoscesi
Inseminati suoi dirupi ed ermi
Non approda il polputo; i delicati
Non consente calzari il fier macigno,
Che copre la deserta, e l'aspro irsuto
Spino, di seta le dorate giubbe
Non consente, e la mensa all'appetito
Del Monsignor non è adeguata. E poi
Ognun qui fugge l'impostor, la jena
D'Italia secolar maledizione.
Qui, tranqüillo, il mio pensiero spazia
Tra le vicende del passato, e posa
Spesso su' campi insanguinati in ambi
Gli emisferi. Ove mai, tra le superbe
Schiere dominatrici, fu macchiata
Questa mia destra allo schiavo sacrata?
Degli oppressi la causa, ovunque, ardente
Io propugnai, e la genia scettrata
Invan nei lacci mi ha sospinto, e l'anima
Immacolata la final battaglia
Sospira, ove decisa sia la sorte
Dell'Italia e di tutti, ove una volta
Sulla liberticida Idra travolta
Piombi sicura scimitarra e il mondo
Del pestifero suo morbo sia terso.
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