Domenico Ciampoli
FIABE ABRUZZESI
DAL LIBRO: Camminavamo a rilento; io su di un povero cavallo da nolo e il mio vetturino a piedi. Un sentieruzzo scosceso, pieno di ciottoli ci menava al guado del Sinello, le cui acque s'udivano scorrere fra i macigni pel cupo mormorio che brontolava da lontano.
Si faceva sera. Il sole indorava le case di un paesello — Gissi — posto al culmine dell'erta collina al di là del fiume, e ne facevi luccicare i' vetri, i quali splendevano per un poco di luce viva e scintillante, e poi sparivano a mano a mano che il cavallo avanzava. Sulle alte siepi, che fiancheggiano tuttora la viuzza, s'udiva spesso un battere d'ali delle passere che andavano appollaiandosi, un pigolio di capinere, e più giù, là tra i pioppi della riva, il lamento di un rosignuolo, accompagnato dal monotono gracidar delle rane, venute su da qualche pantano che nel letto del fiume resisteva ancora ai caldi estivi.
Passammo il fiume proprio là dove un torrentello vi mette foce, e dà alla collina di Carpineto quasi la forma d'un delta o d'un isolotto formato nel bel mezzo della corrente; e cominciammo a salire.
Il sole era tramontato. Un'arietta fresca spirava tra le foglie degli alberi, ed io la bevevo, come l'arabo beve l'acqua d'un'oasi.
- Affrettiamo il passo - dissi al buon uomo che mi accompagnava. Temo di arrivare tardi... È vero che la sera è bellissima, ed il viaggiare di notte fa piacere, quando c'è il sollione di giorno; ma non voglio farmi aspettare.
— Non temete, signore: non ci resta che un paio d'ore di cammino; la strada è tutta buona, tranne questa salita che toglie il respiro, e poi, più su, quando si riprende il piano, la rupe della Zita.
Io aveva più volte inteso parlare di questa rupe, anzi vi ero più volte passato su per un sentieruzzo di terra calcare, sempre raccapricciando; ma non avevo mai avuto vaghezza di cercare la origine di quel nome strano più che bizzarro.
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