DAL LIBRO: La signorina Trotti, col gomito appoggiato al tavolino e reggendosi la fronte con la mano guardava dalla terrazza i ragazzi, che facevano il chiasso in giardino.
Stava da una settimana in quella casa; doveva dar lezioni ai ragazzi e condurli a spasso; umile occupazione per lei che aveva sognato di trovar un posto in qualche Scuola normale e vivere col babbo e con la mamma, ed esser libera e padrona di sè. Ma quell'anno i posti scolastici erano tutti occupati, e le sue condizioni di famiglia non le permettevano di attendere una collocazione molto incerta in avvenire; perciò aveva accettato l'offerta dei signori Molaro. Si sarebbe trovata fra gente perbene, e avrebbe anche potuto aiutare il babbo e la mamma che per tant'anni s'erano imposti gravi sagrifizi per lei.
Non era lieta però: i bambini, contro ogni sua aspettativa, la trattavano con diffidenza, quasi sgarbatamente. Educati male, viziati, bisognava domarli.
Evelina era superba; Ernesto impertinente e bugiardo; Camillo, di studiare non voleva saperne; Lisa e Monaldo, capricciosi e testardi.
Peggio: la signora Molaro mostrava verso i figliuoli una debolezza eccessiva; il signor Molaro, al contrario, un'eccessiva rigidità. Come contentarli? Giacchè, innanzi a tutti, doveva contentar loro. E in quel momento, rifletteva appunto sulla sua difficile situazione, interrompendosi di tratto in tratto per dar la voce ai ragazzi:
— Ernesto, non si accosti troppo alla vasca!
— Evelina, non gualcisca le rose!
— Camillo, lasci in pace i canarini
— Lisa, Monaldo, non calpestino l'erba delle aiuole! —
Ma questi facevano il comodo loro. Soltanto alzavano un po' la testa verso il terrazzino dov'era la Signorina, come la chiamavano; ed Ernesto tuffava le mani nell'acqua della vasca per chiappare i pesciolini rossi; Evelina spampanava addirittura qualche rosa; Camillo spaventava con una canna i canarini, e Lisa e Monaldo calcavano coi piedi l'erba delle aiuole.
Apparve su l'uscio vetrato il signor Molaro, che rientrava in casa dal cancello del giardinetto; e visto quel che i ragazzi facevano, si rivolse alla Signorina:
— No, non permetta...! Badi un'altra volta. Non li lasci soli quaggiù; venga qui; sono così cattivi! —
I ragazzi, alla apparizione del babbo, si erano rannicchiati tutti in un angolo, come tante pecorelle spaventate.
Il signor Molaro aspettò che la Signorina venisse giù, guardò con un'occhiata severissima i figli, e ripetè in tono brusco la sua raccomandazione alla istitutrice: — Non permetta..., badi un'altra volta! — Ed entrò in casa.
Dalla vetrata di faccia era comparsa, poco dopo, la signora Molaro:
— Che è stato? Non si divertono? Sono in gastigo? — La signorina Trotti disse quel ch'era accaduto.
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