Dal libro: Romanzo?... Sia pure. Per lei, romanzo e realtà sono la stessa cosa: ciò che esiste nella sua immaginazione le appare blocco di vera vita.
Ha un antenato, che fu grande artista e gran signore. Non ne sa il nome, non ne sa il volto. Ma non importa. Le piace immaginarselo. Sua madre e lei portano gl'intimi segni del suo spirito, i visibili segni della sua figura. I singolari contrasti che risaltano nella persona dell'operaia Vittoria hanno la lor ragione in lui: quella delicatezza e quella forza, quell'amore della poesia e del canto, quel far della vita un'opera d'arte, con gli elementi del travaglio piú umile.
Ella trova anche, in lui, la ragione logica di se stessa: della propria sensibilità: della ricchezza interiore che a volte l'ingorga. Fu egli uomo di teatro?... o solo l'accostò per passione?... Certo è per questo che, nella platea d'un teatro (le poche volte, ahimé, in cui la mamma la può condurre con qualche biglietto di favore) ella si sente a posto, si sente a casa sua. E sa che, se le venisse permesso di salire sul palcoscenico, una sola volta, così per gioco, non sbaglierebbe uno scalino né una porta, non fallirebbe un passo, riconoscerebbe ogni quinta, ogni tavola, ogni fondale. Respira con felicità di polmoni quell'atmosfera carica di fiati umani, di misti profumi, di magnetismo animale, di musiche, di fosfori. Le par d'averla sempre respirata. E le antiche figure della scena le conosce una per una, le ha vissute nel corpo e nello spirito, le ha portate con sé nascendo, chi sa da quali profondità.
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